Nell’era digitale

Ogni cosa a suo tempo,si dice comunemente, e quello che stiamo vivendo da qualche mese in piena pandemia è senz’altro un periodo a tratti surreale, pieno di contraddizioni. All’inizio sconcerto misto a stupore, poi è subentrata la paura l’impotenza e quel senso di alienazione dalla normalità, dalla consuetudine per entrarne in una nuova, fatta di distanze, di sguardi bassi, di file ovunque, di respiro corto, di polizia ovunque, di auto dichiarazioni, di bollettini sul contagio, di necrologi delle 18, di terapie intensive, di ambulanze a sirene spiegate nel cuore della notte, di meccanismi inceppati in un mondo improvvisamente sospeso, senza avere la minima consapevolezza di quello che stava realmente accadendo. Poi giorno dopo giorno realizzi che la vita continua, con una tempistica forzatamente più lenta eppure nell’alter ego del mondo virtuale le connessioni aumentano, didattiche a distanza, smart working, i social impazzano, sono le nuove piazze le nuove strade dove poter comunicare, quindi mentre i nostri corpi vengono confinati, limitati nello spazio fisico e nel movimento, il web spalanca prepotentemente le porte all’immaginario collettivo alla socialità alla neo normalità in piena era digitale.

Da questo punto ho sentito l’esigenza di affacciarmi sul web in questa nuova veste per condividere per testimoniare per comunicare quasi come fosse un diario di viaggio nel web.

Choose your side…

La scelta del titolo non è mai scontata. È il “la” di un idea di un articolo o racconto che sia.

“Choose your side” nasce da uno slogan sentito gridare nelle contestazioni di piazza degli ultimi tempi a Londra contro le restrizioni in piena pandemia. Lo slogan in fondo, come un titolo, deve essere diretto, deve comunicare un qualcosa di ben definito, deve dare una scossa, deve avere un suono una vibrazione che colpisce nella mente, nella pancia. Questo di slogan viene indirizzato alle forze dell’ordine , a pochi passi dai loro volti quasi impassibili, e quello che mi ha sempre colpito è quel mood british che riescono a mantenere nonostante le circostanze. In questa dialettica di piazza “scegli da che parte stare” è volutamente provocatorio e vuole, secondo me, ricordare che in fondo vivono nella stessa terra sotto lo stesso cielo fatto di leggi e diritti che a nessuno è concesso calpestare. Ed è senz’altro una presa di coscienza di sé come individui e come collettività a cui ognuno di noi è chiamato a scegliere cosa essere, da che parte stare.

“A ciascuno il suo” come scrisse Sciascia.